Mateas Pares

“FEEL GOOD”

with a critical text by Domenico de Chirico

Galleria Giampaolo Abbondio – Piazza Giuseppe Garibaldi, 7 – Todi (PG)

Opening: 21 October, 2023
21 October, 2023 – 9 March, 2024

Nonostante lo sguardo sia fortemente attratto dalla scultura, la tela è al centro della pratica dell’artista svedese Mateas Pares. Attraverso la giustapposizione di svariati materiali, assemblati in modi sempre differenti, egli ha trovato un suo personalissimo e congeniale equilibrio utilizzando la tela come superficie di proiezione per molteplici e scultorei concetti astratti che la definiscono amabilmente, completandola. Dal punto di vista tematico, Pares si interroga sovente sia su cosa significhi vivere con i mezzi vitali di cui disponiamo sia sul perseverante sforzo tellurico mosso dalla necessità di una vita “tranquilla”. Tutto, senza mai dimenticarsi che, per dirla con l’intellettuale Emil Cioran, l’addentrarsi nella vita stessa si configura come un progressivo avanzare verso il nulla, venendo dal nulla. Ciò che ne consegue è quella particolarissima sensazione secondo cui scultura e tela sembrano essere costrette ad una coesistenza che sembra non avere risoluzione, esibendosi ossessivamente in una ritmica e perpetua oscillazione pendolare, qui da intendersi come imprescindibile movimento terapeutico, dettato da quel presupposto cioraniano secondo cui «camminare vi impedisce di lambiccarvi con interrogativi senza risposta, mentre a letto si rimugina l’insolubile fino alla vertigine». Ed è proprio per questo motivo che Mateas Pares si adopera affannosamente dapprima per rintracciare ogni lembo di semplicità, calma ed equilibrio, per poi riunirli, auspicandosi di oltrepassare appieno quello stadio di obliosa incertezza e profonda solitudine così da poter iniziare un lungo crocevia verso il locus amoenus, luogo in cui poter giudiziosamente riflettere sul proprio destino potendosi metaforicamente adagiare dinanzi alle tanto care a Francesco Petrarca chiare, fresche et dolci acque. Conseguentemente, si assiste ad una trasposizione delle succitate emozioni sulle sue opere, fortemente limitate a pochi materiali e connotate da un’espressione visiva di stampo minimalista. Seppur, nonostante ciò, la sua natura lo spinga sovente nella direzione opposta, innescando, così, una sorta di poetica antitetica del contraltare, tra malintesi e semplificazioni. Sulla base di tali precetti, nasce questo nuovo capitolo espositivo intitolato ”Feel Good”, intriso di tutte quelle sfumature fortemente stentoree, sfavillanti e lussanti che caratterizzano i tempi che corrono. Con questo nuovo corpo di lavori, Pares, analizzando i movimenti e le tendenze nell’arte, si interfaccia con la relazione che intercorre tra il dilagante aumento del consumo di farmaci antidepressivi e l’anomalo successo degli artisti che, in contrapposizione, generano un’arte ostinatamente ottimista e spensieratamente ingenua. In altri termini, con ”Feel Good” si vuole scandagliare quella questione complessa che ci definisce, alla maniera dannunziana, come abili creatori o suscitatori di immagini, secondo cui la proiezione di una vita apparentemente perfetta, gestita digitalmente, coincide inevitabilmente con la diffusione di stadi depressivi che si fanno sempre più acuti, poiché generalmente ciò a cui si aspira è difficilmente realizzabile, scatenando così un senso di profonda insoddisfazione. A tal proposito, Pares prende pubblicamente come esempio uno degli artisti più prolifici di questo genere, l’artista americano Austin Lee, il quale, in egual modo, spaziando dai media digitali alla pittura e alla scultura, adotta immagini superficialmente amabili, simili a quelle dei cartoni animati, per affrontare la questione del consumo fagocitante di arte online. Partendo da schizzi digitali 3D che vengono scrupolosamente tradotti dallo schermo alla tela dipinta o sotto forma di scultura, il suo lavoro è profondamente rispettoso dei canoni della pittura rinascimentale, incarnando al contempo il paesaggio digitale interconnesso che aumenta la percezione della realtà vigente. Con titoli di mostre come “Aah”, “Constant Joy” e “Paradise”, Lee ritrae esseri umani, animali e oggetti antropomorfi in uno stato di felicità quasi onirico: fiori colorati e rigogliosi che germogliano e crescono sui nasi, cuori sorridenti che sostituiscono le dita delle mani e uccelli canterini e gioiosi che giocano con delle figure umane in un mondo paradisiaco, libero da prede e predatori. Le opere di Lee forniscono una visione ottimistica scevra da compromessi con la realtà, dando per certo che il sogno della vita perfetta è allo stesso tempo causa e risoluzione di questo senso di depressione che da sempre ci attanaglia. Pertanto, attraverso la riproposizione dell’arte di Austin Lee ed utilizzando il titolo di una delle sue mostre “Feels Good”, rimuovendone la “s”, Pares ci indica il passaggio dal tentativo di rappresentare una vita perfetta alla necessità di un credo che possa motivarla. Raffigurando individui, le cui forme vengono prese in prestito da quelle preesistenti che costituiscono il mondo surreale di Lee, con “Feel Good” Mateas Pares si interroga sul perché della nostra corsa asmatica verso una vita perfetta e sulle conseguenti scelte che questa ci costringe a fare. E allora, in un mondo in cui, a detta di Platone nel suo dialogo Sofista «il lupo assomiglia al cane, l’animale più selvaggio assomiglia all’animale più domestico», quale può essere il passaggio successivo più oculato?

Domenico de Chirico

Although the eye is strongly attracted by sculpture, canvas lies at the centre of Swedish artist MateasPares’ practice. Through the juxtaposition of various materials, assembled in a myriad of differentways, he has found his own very personal and congenial balance, using the canvas as a projectionsurface for multiple, sculptural abstract concepts that lovingly define and complete it. Thematically,Pares often questions both what the meaning of life is with the means at our disposal, and thepersevering telluric effort driven by the need for a “quiet” life. All of this, without ever forgettingthat, as the intellectual Emil Cioran put it, life itself takes the form of a progressive step towardsnothingness, arising from nothingness. What follows is that very particular sensation in whichsculpture and canvas seem to be forced into a seemingly unresolved coexistence, progressivelyexhibiting themselves in a rhythmic and perpetual pendulum oscillation, here to be understood as anineluctable therapeutic movement, dictated by Cioran’s assumption that “Walking keeps you fromlanguishing with unanswered questions, while in bed you brood over the insoluble to the point ofdizziness*”. And it is precisely for this reason that Mateas Pares first strives to find every sliver ofsimplicity, calmness and equilibrium, and then recombines them, hoping to fully cross over that stageof blissful uncertainty and profound solitude in order to start a long journey towards the locusamoenus (pleasant place), a place where one can judiciously reflect on one’s own destiny by beingable to metaphorically lie down before the clear, cool and sweet waters so dear to FrancescoPetrarch. Consequently, there is a transposition of the aforementioned emotions to his works, whichare strongly limited to a few materials and characterised by a minimalist visual expression. Despitethis, his nature often drives him into the opposite direction, thus triggering a kind of antitheticalpoetics of the counterbalance, in the form of syntheses and simplifications. On the basis of suchprecepts, this new expositive chapter entitled “Feel Good” has come into being, imbued with allthose strident, glittering and lustrous nuances featuring the times we live in. With this new body ofwork, Pares, by analysing movements and trends in art, interfaces with the relationship between therampant increase in the consumption of antidepressant drugs and the anomalous success of artistswho, in contrast, generate a stubbornly optimistic and carefree art.In other words, “Feel Good” aims to address the complex issue that defines us, in a D’Annunzio’smanner, as skillful creators or instigators of images, according to which the projection of anapparently perfect life, digitally managed, inevitably coincides with the spread of depressive feelingsthat become more and more acute, in as much as what one aspires to is generally hardly achievable,thus triggering a sense of deep dissatisfaction. In this regard, Pares publicly takes as an example oneof the most prolific artists of this genre, the American artist Austin Lee, who equally, ranging fromdigital media to painting and sculpture, adopts superficially lovable cartoon-like images to address theissue of the engulfing consumption of online art. Starting with 3D digital sketches that arepainstakingly translated from the screen to the painted canvas or in the form of sculpture, his work isdeeply respectful of the canons of Renaissance painting, while embodying the interconnected digitallandscape that augments the perception of current reality. With exhibition titles such as “Aah”,”Constant Joy” and “Paradise”, Lee depicts human beings, animals and anthropomorphic objects inan almost dreamlike state of bliss: colourful, lush flowers sprouting and growing on noses, smilinghearts replacing fingers, and joyful, singing birds frolicking with human figures in a paradisiacalworld, free from predators and prey. Lee’s paintings provide an optimistic vision withoutcompromises with reality, taking it for granted that the dream of a perfect life is both the cause andthe resolution of this sense of depression that has always gripped us. Therefore, through thepresentation of Austin Lee’s art and using the title of one of his exhibitions “Feels Good”, removingthe “s”, Pares shows us the transition from the attempt to represent a perfect life to the need for abelief that can motivate it. By depicting individuals, whose forms are borrowed from the pre-existingones that make up Lee’s surreal world, with “Feel Good” Mateas Pares questions why we are in thebreathless race towards a perfect life and the consequent choices it forces us to make. And so, in aworld where, according to Plato in his Sophist dialogue, ‘the wolf resembles the dog, the wildestanimal resembles the tamest animal’, what can be the wisest next step?

 

Domenico de Chirico

Ph. Michele Alberto Sereni